Quello tra Ernest Hemingway e i viaggi è stato un idillio senza tempo. Le impronte che i luoghi visitati hanno lasciato in lui prima, e poi nei suoi lettori, si sono impresse sulle sue pagine con una forza tale che sarebbe quasi impossibile immaginare la sua opera senza le sue peregrinazioni nel mondo.
Ripercorrere tutte le tappe del suo percorso da viaggiatore è quasi impossibile, ma ci sono alcuni luoghi che hanno cambiato completamente il suo modo di rapportarsi alla vita e alla scrittura.
Il viaggio di Hemingway cominciò ad Oak Park, in Illinois, il 21 luglio del 1899, e l'incontro con la penna avvenne prestissimo. A soli 18 anni divenne cronista per un quotidiano di Kansas City.
Di lì a poco, il primo conflitto mondiale lo vide impegnato in Italia sul fronte del Piave come autista di ambulanze. Il nostro Paese, gli amori vissuti qui e l'esperienza della guerra ispirarono "Addio alle armi", ma soprattutto innescarono un rapporto profondo tra Hemingway e l'Italia. Qui tornò più volte, fermandosi a Fossalta, a Stresa, a Venezia, dove al rinomato Harry's Bar, di cui lui era un habituè, crearono un cocktail solo per lui, il Montgomery.
L'incontro con la Francia e con Parigi, in particolare, segnò per Hemingway una tappa importantissima della sua formazione letteraria. Qui frequentò circoli letterari, artisti, poeti e conobbe Ezra Pound, che divenne per lui un importante punto di riferimento.
Con loro si intratteneva nella nota libreria Shakesperare&Company ed entrò a far parte della Generazione Perduta. In Rue Cardinal - Lemoine affitò la sua prima casa parigina e questo angolo di città comparve spesso nelle sue righe, a cominciare dalla sua raccolta di memorie "Festa Mobile". E' proprio questa la definizione che lo scrittore dà a Parigi: una continua festa mobile "che sarà con te, ovunque andrai, per il resto della tua vita...".
Siviglia 1923. Hemingway assiste alla sua prima corrida. Questo mondo lo affascinò a tal punto da spingerlo a restare in Spagna. Si diresse verso Pamplona, dove prese parte alla festa di San Firmino. I matadores lo ispirarono a tal punto da dare vita a uno dei suoi capolavori più riusciti, "Fiesta".
Ma la Spagna lo trattenne anche per un altro motivo. La Guerra Civile lo vide impegnato come reporter. Hemingway seguì tutti i campi di battaglia, per poi stabilirsi a Madrid. Assiduo frequentatore del ristorante Lhardy, ancora oggi uno dei più noti della città, e della Cerveceria Alemana, tornò più volte a Madrid e a Pamplona per assistere alle corride.
Quello di Hemingway in Africa è ancora una volta un viaggio interiore. Il suo primo safari in Kenya segnò inevitabilmente la sua esistenza come uomo e come scrittore. Nelle pagine di Verdi Colline d'Africa, Le Nevi del Kilimangiaro e La breve vita felice di Francis Macomber, Hemingway fa i conti con la natura e con quell'impulso incredibile che lo spinge a superare i suoi limiti. Il safari per lui non è solo contemplazione. Hemingway prende parte a delle vere e proprie battute di caccia in cui si misura con i grandi predatori africani. L'Africa, il continente dai forti contrasti e dalle potenti emozioni, gli conferma ciò che in realtà è sempre stato il suo impulso primordiale: vivere la vita intensamente.
Doveva essere solo una sosta breve. Invece, una volta arrivato a Key West con la sua seconda moglie, Hemingway si innamorò perdutamente di questo luogo. Comprarono una casa in Whitehead Street che assomigliava più a un vecchio rudere che a una dimora dove vivere. La rimisero a nuovo, e via via la abbellirono con gli oggetti che lo scrittore raccoglieva durante i suoi lunghi viaggi. Questa casa, oggi divenuta museo, è abitata ancora dai discendenti del suo primo gatto. Sono circa 50 e tutti con zampe a 6 dita...
Oltre a dedicarsi alla pesca, anche in Florida, lo scrittore non disdegnava di passare lunghe serate nel suo bar preferito: il Captain's Tony Saloon, che all'epoca di chiamava Sloopy Joe, per l'attitudine del suo proprietario ad alzare il gomito, si trova ancora in Greene Street.
"Mi mojito en la Bodeguita, mi daiquirì en El Floridita". Così Hemingway descriveva la sua routine quotidiana a Cuba. Approdato nella Isla Grande ancora una volta come narratore di una rivoluzione, qui lo scrittore trovò il terreno ideale per le sue grandi passioni: la pesca e l'alcool. La Bodeguita del Medio e il Floridita a l'Avana ancora oggi continuano a celebrare le assidue frequentazioni del grande scrittore non solo attraverso cimeli dell'epoca, ma continuando a preparare i suoi amati cocktail in maniera egregia.
Altri due luoghi fecero da sfondo alle vicende di Hemingway a Cuba. La sua prima residenza qui sull'Isola fu l'hotel Ambos Mundos che, ancora oggi, nella camera 511, mantiene inalterato l'arredo dell'epoca e conserva gli oggetti che lo scrittore vi lasciò.
A pochi km a sud di Avana, la Finca Vigia fu la seconda e definitiva residenza cubana del narratore. Qui si dedicò alacremente alla scrittura e alla pesca al marlin, lo sport da lui amato e che gli diede l'ispirazione per il personaggio del suo grande capolavoro "Il Vecchio e il Mare". Oggi la Finca Vigia è una delle due case museo dedicata a Hemingway, oltre quella già citata di Key West.
La vita di Hemingway è storia, così come lo è il modo in cui egli decise di mettere fine al grande ed emozionante racconto della sua esistenza.
L'Idaho segnò per lui l'ultima tappa del suo viaggio. Tra quelle montange che tanto amava e che gli avevano regalato immense gioie.
Oltre a questo evento così triste, fu proprio in Idaho, infatti, a Sun Valley, nell'omonimo resort, che lo scrittore invitò la corrispondente di guerra che sarebbe poi diventata la sua quarta moglie. Oggi, gli appassionati di Ernest Hemingway, possono soggiornare al Sun Valley Resort, nella suite 206, e godersi gli stessi splendidi paesaggi montani che lui amava.
Sara Di Maio
Travel Advisor Siam Viaggi
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